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Studentessa suicida a Lecce, l’indagato si difende: “Mai stuprata”. E l’autopsia non rileva tracce di violenza

Il 19enne ha respinto le accuse di stupro, come confermato dal medico legale, che hanno imputato la morte ad asfissia da strangolamento

Ha respinto le accuse. Ha raccontato agli investigatori di un «rapporto sessuale consensuale», escludendo quindi ogni tipo di violenza il 19enne del Brindisino indagato nell'inchiesta della morte della 21enne studentessa francese, Julie, trovata impiccata domenica sera nella sua casa di Lecce. Il giovane è accusato di istigazione al suicidio e violenza sessuale.

Lui era stato accusato dalla studentessa, in Italia da qualche settimana, e ne aveva riferito ai medici del pronto soccorso di Lecce a cui si era rivolta giovedì 19 ottobre. La 21enne non ha mai denunciato i fatti alle forze dell'ordine, contrariamente a quanto le avevano suggerito di fare i sanitari. Domenica scorsa, poi, il suicidio.

L’autopsia, svolta questa mattina dal medico legale Alberto Tortorella e da una genetista forense, ha confermato la morte per asfissia da impiccagione. Non ci sono ferite sul corpo né segni evidenti di colluttazione. Gli unici segni sono quelli del laccio usato dalla ragazza per impiccarsi. Gli inquirenti puntano ad accertare se oltre all'ipotesi della violenza sessuale possa esserci un nesso causale tra il suicidio e i presunti abusi. Di questi ultimi si parla nel certificato medico, trovato nella camera della 21enne domenica sera e sequestrato assieme al pc e al cellulare della studentessa.

Dall'analisi dello smartphone della ragazza gli investigatori hanno individuato una prima traccia per risalire al ragazzo pugliese. Il telefonino è stato sequestrato anche al 19enne, uno studente universitario della provincia di Brindisi. Anche lui frequenta un corso di laurea nell'ateneo salentino. Al momento il giovane, difeso dall'avvocato Aldo Gianfreda, ha rilasciato solo dichiarazioni spontanee ai poliziotti durante le fasi del sequestro del cellulare: non è stato quindi sottoposto ad interrogatorio. Secondo quanto riferito dal legale, i due si sarebbero conosciuti tra i locali della movida leccese il 18 ottobre.

Con loro c'era anche una studentessa bielorussa che - ritiene la difesa - avrebbe assistito per strada al clima disteso tra il 19enne e la studentessa francese. Poi i due sarebbe saliti nell'appartamento dove viveva la 21enne. Prima di lasciare la casa, il giovane si è scattato un selfie, chiarisce la difesa, «in assoluta buona fede».

Intanto da ieri sono in Italia i genitori della studentessa che in queste ore sono stati ascoltati dalla polizia ed hanno riconosciuto la salma. «Il cuore è a pezzi. Non c'è niente di peggio per una madre», ha scritto su Facebook la mamma di Julie mentre un gruppo di studenti ha partecipato nel Duomo ad una messa di commiato per la studentessa.

Pubblicato su Corriere delle Alpi