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Uccise la fidanzata soffocandola e si costituì: condannato a 19 anni

Femminicidio di Tombolo, la 56enne era stata trovata senza vita nel suo appartamento: il 49enne si era presentato poco dopo dai carabinieri per confessare

E' stato condannato a 19 anni Youssef Moulay Mahid, 49enne di origine marocchina, finito sul banco degli imputati per l’assassinio della fidanzata Liliana Cojita, 56enne romena, soffocata il 20 settembre 2023 nell’appartamento che i due dividevano (con un terzo ospite) a Tombolo in via Vittorio Veneto 9.

La sentenza è stata pronunciata dalla Corte d'assise di Padova, il pubblico ministero Roberto D'Angelo aveva chiesto 24 anni. L'imputato era chiamato a rispondere di omicidio volontario con l’aggravante della relazione sentimentale.

Alla parte civile, tutelata dall'avvocato veronese Andrea Bacciga (che rappresenta la figlia della vittima, residente in Veneto), è stato riconosciuto un risarcimento di 15.000 euro come provvisionale immediatamente esecutiva, il resto da liquidarsi in un separato giudizio civile. L'imputato era difeso dall'avvocato Corrado Perseghin.

La ricostruzione

Il 21 settembre 2023 Youssef Moulay Mahid si era presentato alla stazione dei carabinieri di Tombolo confessando: «Ho ucciso la mia compagna». Subito una pattuglia era arrivata nell’abitazione trovando il corpo della donna.

Mahid si era giustificato parlando di un tradimento. E della scoperta di una relazione tra la vittima e un suo connazionale; da qui il litigio e la discussione poi degenerata. Dall’autopsia è emerso che il 48enne aveva scaraventato a terra Liliana, sedendosi sopra di lei e schiacciandola fino a fratturarle tre costole mentre con le ginocchia le bloccava le braccia e le premeva un cuscino sul viso. La confessione

Durante l'indagine, l'imputato aveva raccontato: «Liliana ha parlato al telefono con il suo “amante” che poi ho notato passare in auto davanti a casa nostra... Abbiamo avuto una discussione di una decina di minuti... Le ho chiesto se avesse un appuntamento con lui e lei negava. Il suo cellulare ha cominciato a squillare e Liliana non rispondeva, anzi urlava, mi ha graffiato e morso sulla mano... Allora l’ho afferrata per il collo e ho premuto un cuscino sul suo viso per farla stare zitta... Non volevo ucciderla. Mi dispiace.... Ho vagato in bicicletta fino a Bassano e a Cittadella».

Mahid non è stato interrogato in aula perché il suo difensore ha chiesto l'acquisizione di tutti gli atti contenuti nel fascicolo della pubblica accusa, di fatto evitando la sfilata dei testimoni e accorciando i tempi del processo sperando in una maggior comprensione dei giudici.

Pubblicato su Corriere delle Alpi