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Cina, addio all’ex premier Li Keqiang. Scomparso a 68 anni per arresto cardiaco

Aveva lasciato solo lo scorso marzo il suo ruolo, la seconda nella gerarchia statale cinese, a Li Qiang, fedelissimo del presidente Xi

Dice le cose come stanno. Li Keqiang si era costruito questa fama tra parecchi cittadini cinesi. Soprattutto negli ultimi anni, quando senza mai sfidare direttamente Xi Jinping aveva comunque evidenziato con onestà i problemi economici causati dalla pandemia di Covid-19 e non solo.

Poco dopo la mezzanotte di venerdì, l'ex premier cinese Li Keqiang è inaspettatamente morto mentre si trovava a Shanghai per un periodo di riposo. «È deceduto a causa di un improvviso attacco cardiaco, dopo che tutti i tentativi di salvarlo sono falliti», recita un breve comunicato dell'agenzia di stampa statale Xinhua, che ha rimandato successivamente alla pubblicazione di un necrologio completo.

Li aveva 68 anni e aveva lasciato solo lo scorso marzo la posizione di premier, la seconda nella gerarchia statale cinese, a Li Qiang, fedelissimo del presidente Xi. Qualità che lui non aveva, anzi. Da molti, soprattutto dall'esterno della Cina, è stato spesso descritto come un suo "rivale". La realtà è probabilmente meno netta. Ma è indubbio che, pur non mettendo mai direttamente o nemmeno indirettamente in dubbio la leadership di Xi, Li ha spesso espresso punti di vista differenti rispetto alla guida del Partito comunista cinese. Soprattutto in materia di politiche economiche.

«Seicento milioni di cinesi guadagnano ancora appena mille renminbi (circa 140 euro, ndr) al mese. Dopo il Covid-19, il sostentamento delle persone dovrebbe essere la nostra priorità», ha detto nel 2020, mentre il Partito si apprestava a celebrare la storica eliminazione della povertà assoluta e Xi rilanciava la retorica della prosperità comune. Sempre in quei mesi, aveva proposto il rilancio della cosiddetta «economia delle bancarelle», pilastro informale dello sfaccettato ecosistema socio economico cinese. Proposta respinta, in linea con la necessità di sviluppo «ordinato» e «di alta qualità» perseguito da Xi.

Nel maggio 2022, durante un incontro virtuale con migliaia di rappresentanti del governo e delle imprese, ha prima parlato bene del «lavoro efficace» dei funzionari che hanno affrontato "sfide inaspettate" durante la crisi, ma poi ha proseguito: «Le difficoltà, in alcuni settori e in una certa misura, sono persino maggiori del grave shock della pandemia del 2020». Lo stesso mese si è presentato senza mascherina in un'università dello Yunnan, a poche settimane di distanza dal durissimo lockdown di Shanghai che pose le basi delle proteste di fine novembre dello scorso anno.

In generale, Li era considerato una figura pragmatica e focalizzata sullo sviluppo economico, più che sul fronte ideologico e della sicurezza nazionale.

Già a ottobre 2022 era stato decretato il suo pensionamento, durante il XX Congresso del Partito che ha consegnato il terzo mandato da segretario generale a Xi. Dopo dieci anni, era scontato che Li avrebbe ceduto il ruolo di premier nel marzo seguente. Ma diversi osservatori si aspettavano una sua permanenza tra i «magnifici sette» del Comitato permanente, che riunisce i più alti funzionari della scala gerarchica del Partito. E invece Li è rimasto fuori. Di quel Congresso resta invece la mano sulla sua spalla posata dall'ex presidente Hu Jintao mentre veniva accompagnato fuori dalla grande sala del popolo poco prima del discorso di chiusura di Xi. Come Hu, Li è cresciuto all'interno della Lega della Gioventù comunista, fazione di cui non ha mai fatto parte l'attuale leader, che ha occupato la maggior parte delle caselle più importanti del Partito con suoi ex collaboratori, superando le tradizionali prassi di bilanciamento all'interno degli organi apicali.

In un tour di commiato a inizio 2023, Li ha spiegato che aveva deciso di riposare. Ma sui media statali sono stati spesso oscurati i suoi discorsi, densi di appelli a riforme e aperture economiche. Così come già ora le sempre attivissime autorità del cyberspazio cinese stanno controllando con attenzione le reazioni alla morte dell'ex premier. In passato, è capitato che la morte di leader circondati a torto o a ragione da un'aura di riformismo abbia portato a tensioni interne. Basti pensare a Hu Yaobang, l'ex premier morto proprio nel 1989, l'anno delle proteste di piazza Tienanmen. La differenza è che Li, almeno formalmente, non è stato messo da parte dal Partito e lui ormai non era più dotato di influenza politica. Già lo scorso anno, Xi riuscì a gestire con successo la morte dell'ex presidente Jiang Zemin, avvenuta proprio pochi giorni dopo le proteste contro la strategia zero Covid.

Come sempre in questi casi, importante osservare il contenuto del necrologio e il grado di «celebrazione» che si vorrà fare di Li, la cui scomparsa arriva in un momento delicato per Xi, dopo che solo pochi giorni fa è stato rimosso il ministro della Difesa Li Shangfu. Il secondo nome chiave della sua squadra, dopo quello dell'ex ministro degli Esteri Qin Gang rimosso a fine luglio, a essere tolto dal suo ruolo.

Pubblicato su Corriere delle Alpi