Delitto di Alice Scagni, il fratello condannato a 24 anni e 6 mesi. I giudici: "È seminfermo". Cadono due aggravanti
Il verdetto della Corte d'assise nel processo all'uomo che il Primo maggio dell'anno scorso uccise a Genova Quinto la sorella con 24 coltellate in strada
GENOVA. Alberto Scagni è stato condannato a 24 anni e 6 mesi e riconosciuto seminfermo di mente, motivo per cui alla conclusione della pena dovrà essere ricoverato in un istituto. È questo il verdetto pronunciato stamattina dalla Corte d’assise, presieduta da Massimo Cusatti, per l’uomo di 43 anni che il 1° maggio 2022 uccise la sorella Alice, allora trentaquattrenne, sotto casa di lei nel quartiere di Genova Quinto, colpendola con 24 coltellate. Scagni, ricordiamo, era accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dal "mezzo insidioso", poiché l'arma usata per compiere l’aggressione era nascosta in una borsa (le ultime due sono state escluse). Un peso fondamentale lo ha avuto come premesso la valutazione delle condizioni psichiche del killer, sulle quali erano state realizzate perizie differenti: per i consulenti dell’accusa, delegati dal pm Paola Crispo, Alberto era capace d’intendere, per il perito del tribunale risultava seminfermo di mente, per gli esperti ingaggiati dalla difesa Scagni era totalmente incapace. L’assassino questa mattina era in aula. Alla lettura del verdetto erano presenti anche Antonella Zarri e Graziano Scagni, genitori di Alberto e Alice.
Le richieste di pm e legali
La Procura aveva chiesto l’ergastolo per l'assassino, mentre l’altro ieri i suoi difensori Alberto Caselli Lapeschi e Mirko Bettoli avevano sostenuto che dovesse sì pagare, ma non con il carcere a vita, insistendo sul fatto che le aggravanti non erano contestabili e che per lui un percorso di recupero sarebbe stato comunque più adeguato della prigione. Stamattina era stato invece Andrea Vernazza, l’avvocato che assiste Gianluca Calzona, marito di Alice, a ribadire che Alberto Scagni aveva agito in modo crudele, premeditato e ingannevole, sostenendo così l'istanza per l'ergastolo avanzata dall'accusa.
Gli allarmi ignorati
Scagni era stato bloccato dalla polizia a poche centinaia di metri dal luogo del delitto. In precedenza, poco dopo le 13 sempre del 1° maggio, a 7 ore circa dall'aggressione, aveva telefonato ai genitori, minacciando di colpire loro o la sorella se non gli fosse stato accreditato denaro sul conto: il padre lo aveva denunciato con una chiamata al centralino della polizia, ma non era stata inviata alcuna volante. Anche nei giorni precedenti i parenti avevano segnalato alla questura come il figlio si stesse facendo sempre più aggressivo, e si erano poi rivolti ai medici della Salute mentale, che avevano fissato un incontro con Scagni per il 2 maggio. Sulle presunte omissioni di forze dell’ordine e, appunto, Salute mentale, era stata aperta un’inchiesta parallela, che il pm Crispo nei mesi scorsi ha tuttavia chiesto di archiviare.
Tratto da Il Secolo XIX
Pubblicato su Corriere delle Alpi