Strage di Brandizzo, il monito del Papa: stavano solo facendo il loro lavoro
CITTÀ DEL VATICANO. C’è una guerra senz’armi, non dichiarata, che miete vittime infinite. Il campo di battaglia diffuso nei luoghi del vivere quotidiano: fabbriche, cantieri, campagne. È quella dei morti sul lavoro, i caduti dell’irresponsabilità, della leggerezza, della trascuratezza, delle norme violate o ignorate. Ne ha parlato papa Francesco, ricevendo l’Anmil, l’Associazione nazionale fra Lavoratori mutilati e Invalidi del Lavoro. «A volte sembra di sentire un bollettino di guerra», ha detto. Non potendo – né volendo – evitare di rammentare la tragedia recente di Brandizzo: «Ancora ho in mente i cinque fratelli ammazzati da un treno mentre stavano lavorando».
Nel ringraziare l’associazione per l’attività di «tutela e rappresentanza delle vittime di infortuni sul lavoro, delle vedove e degli orfani dei caduti», il Papa ha lamentato come nemmeno i progressi tecnologici siano finora serviti a vincere la guerra.
Colpa di un lavoro «disumanizzato» in una «corsa esasperata al profitto», cioè «quando il fine non è più l’uomo ma la produttività».
Secondo Francesco «la sicurezza sul lavoro è come l’aria che respiriamo: ci accorgiamo della sua importanza solo quando viene tragicamente a mancare, ed è sempre troppo tardi!». Cita il buon samaritano, invitando a superare l’indifferenza e «l’idolatria del mercato».
Guai – insiste – a rassegnarsi, «ad abituarci agli incidenti sul lavoro», non è accettabile «lo scarto della vita umana». Quelle morti impoveriscono tutta la società. Occorre, invece, imparare a «prendersi cura» della comune umanità.
Nel disegno di Dio – cita san Paolo – il corpo è tempio dello Spirito Santo; dunque prendersene cura significa rendere gloria al Creatore. «La centralità della persona, in quanto tempio dello Spirito Santo, non conosce scarti, non conosce compravendite o baratti sulla vita umana. Non si può, in nome di un maggior profitto, chiedere troppe ore lavorative, facendo diminuire la concentrazione, oppure pensare di annoverare le forme assicurative o le richieste di sicurezza come spese inutili e perdite di guadagno».
Secondo sant’Ireneo di Lione «la gloria di Dio è l’uomo vivente». E dunque «questo è il primo lavoro: prendersi cura dei fratelli e delle sorelle, del corpo dei fratelli e delle sorelle. La responsabilità verso i lavoratori è prioritaria: la vita non si smercia per alcuna ragione, tanto più se è povera, precaria e fragile. Siamo esseri umani e non macchinari, persone uniche e non pezzi di ricambio. E tante volte alcuni operatori sono trattati come pezzi di ricambio». L’uomo è più importante dell’economia. Ogni morte sul lavoro «ferisce l’intero tessuto sociale».
Pubblicato su Corriere delle Alpi