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Naufragio in Grecia, confessa uno degli scafisti arrestati. Gli altri 8 negano di far parte di un’organizzazione criminale

Le autorità greche affermano che il peschereccio si è prima inclinato e poi ribaltato per il panico dei 700 passeggeri. Continuano le ricerche per trovare i dispersi: al lavoro una fregata della Marina, 3 navi e un elicottero

Uno degli scafisti arrestati per il naufragio in acque internazionali al largo di Pylos, in Grecia, ha confessato di essere coinvolto nel traffico di migranti. Lo riporta il quotidiano greco Kathimerini, secondo cui l'uomo ha confessato di aver ricevuto denaro per eseguire lavori sulla nave «Adriana» durante il viaggio dalla Libia. Ha affermato, tuttavia, di non essere un «membro chiave» della rete del traffico di migranti. I restanti otto scafisti negano l'accusa di far parte di una rete criminale e di aver provocato il naufragio. Gli imputati, di nazionalità egiziana (tra i 20 ei 40 anni), sarebbero stati membri dell'equipaggio della nave e avrebbero avuto ruoli distinti nel traffico di migranti. «Era un'operazione di traffico organizzato, preparata da 40, forse 50 giorni», ha detto a Kathimerini, funzionario della Guardia Costiera greca. Lunedì i presunti scafisti saranno portati davanti al pubblico ministero.

I soccorsi

Intanto sono andate avanti, senza successo, le operazioni di ricerca e soccorso. Impegnate nelle operazioni una fregata, tre motovedette e un elicottero, con le attività ostacolate anche da forti venti. Sono praticamente inesistenti le speranze di trovare superstiti. Sul peschereccio c'erano tra i 500 e i 700 migranti. Sono state tratte in salvo 104 persone e sono stati recuperati 78 corpi senza vita. Nove superstiti, tutti egiziani di età compresa tra i 20 e i 40 anni, sono stati arrestati con l'accusa di traffico di esseri umani, omicidio colposo e di aver costituito un'organizzazione criminale. Uno di loro è ancora in ospedale.

Quel che è certo è che al largo di Pylos è avvenuta la peggiore tragedia in assoluto vista nel Mediterraneo. A dirlo è stata la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, che ha ricordato che il peschereccio era carico di 750 persone. «La nave della guardia costiera si è avvicinata al peschereccio due ore prima del naufragio», ha riferito un portavoce del governo di Atene, sostenendo che le persone a bordo hanno rifiutato qualsiasi aiuto, dicendo di voler venire in Italia: «No help, go Italy».

Il peschereccio avrebbe quindi continuato la navigazione, ha precisato il portavoce governativo, smentendo che la guardia costiera avesse lanciato una corda di ormeggio verso l'imbarcazione. Insomma, secondo Atene «l'approccio della guardia costiera non può essere collegato all'affondamento del peschereccio in termini di tempo». Intanto, le autorità portuali greche hanno identificato 9 persone tra i salvati come sospetti trafficanti, che sono stati trattenuti a Kalamata, e uno è in ospedale. Mentre è in corso un'indagine giudiziaria sulle cause dell'affondamento, le autorità greche affermano che il peschereccio si è ribaltato pochi minuti dopo aver perso potenza, ipotizzando che il panico tra i passeggeri possa aver causato l'inclinazione e il ribaltamento dell'imbarcazione.

Le reazioni politiche alla tragedia

Il tema è diventato oggetto di dibattito politico, mentre la Grecia si appresta ad andare a elezioni il 25 giugno e nelle proteste scoppiate giovedì sera ad Atene sono stati effettuati 21 arresti. Il leader dell'opposizione di sinistra Alexis Tsipras ha fatto visita ai sopravvissuti e ha detto che la guardia costiera avrebbe dovuto rimorchiare la nave in sicurezza mentre si avvicinava alle acque greche, un parere condiviso dalle organizzazioni per i diritti umani. Intanto a Bruxelles si è riunito il gruppo di contatto Sar, un incontro programmato da tempo che doveva servire per fare il punto e fissare il programma di lavoro futuro tra i tecnici dei Ventisette ma che, su impulso della Commissione, si è trovato sul tavolo la questione del naufragio in Grecia.

Il gruppo è stato istituito al momento del lancio del Patto sulla migrazione nel settembre 2020 su impulso italiano e il suo rilancio risponde alle richieste del governo di Roma, esposte nel Consiglio Interni dello scorso novembre e del vertice Ue di febbraio, di lavorare a un quadro di cooperazione europeo per le operazioni Sar gestite da soggetti privati.

L'Ue continua a ripetere che il compito dell'agenzia di gestione delle frontiere Frontex è quello di segnalare imbarcazioni di migranti e potenziali situazioni di pericolo, ma che le decisioni e le attività di ricerca e soccorso spettano agli Stati membri. Non è escluso però che di fronte all'ennesima tragedia, che, come a Cutro, ha visto la segnalazione di Frontex e il mancato intervento dello Stato competente, la Commissione europea possa delineare delle linee guida sulla definizione di «situazione di pericolo» necessaria a far scattare l'allarme e i soccorsi.

«È una situazione drammatica, disumana e molto pericolosa», ha commentato il direttore esecutivo dell'agenzia, Hans Leijtens, «salvare vite umane è ovviamente la nostra priorità. Vorrei avere la forza di fermare le morti. Se potessi, lo farei domani. Ma non possiamo fare miracoli». Mentre Bruxelles si muove sul fronte legislativo, sperando di vedere approvato il Patto su migrazione e asilo, e sul fronte esecutivo, con i piani di azione, i numeri che arrivano da Frontex sui flussi della rotta del Mediterraneo centrale non sono affatto rassicuranti.

Nei primi cinque mesi dell'anno il numero di rilevamenti di attraversamenti irregolari alle frontiere esterne dell'Ue ha raggiunto quota 102.000, il 12% in più di un anno fa, ma l'aumento è principalmente dovuto agli arrivi del Mediterraneo centrale, dove sono più che raddoppiati (160%) rispetto allo stesso periodo del 2022, il numero più alto registrato dal 2017.

Pubblicato su Corriere delle Alpi