Donna uccisa a coltellate in casa a Cassino, fermato un uomo: lo hanno tradito le impronte digitali. Mistero sul movente
Yirelis Peña Santana, 34 anni, era nata a La Vega nella Repubblica Domenicana ma viveva a Genova dal 2016
CASSINO. Il killer l’ha uccisa con dieci, forse dodici coltellate. Colpi al collo e al volto ma anche alle braccia che la vittima ha usato per una ultima, disperata difesa. Yirelis Peña Santana, 34 anni, nata a La Vega nella Repubblica Domenicana, dal 2016 viveva a Genova quando il lavoro non la portava a viaggiare per l’Italia. E qui nel capoluogo ligure in via Domenico Cassini a Dinegro vivono i suoi tre figli e la mamma Lucia Martinez Santata, 56 anni, sabato mattina è stata trovata morta all’interno di uno stabile in via Pascoli a Cassino nel Frusinate, dove si era trasferita da appena tre settimane.
Per il delitto gli agenti della squadra mobile di Frosinone hanno fermato, stamattina, un uomo di mezza età, titolare di una piccola impresa agricola, residente alla periferia di Cassino: è stato rintracciato e bloccato nella sua abitazione in località San Lorenzo, a poca distanza dalla caserma dell'esercito. L'assassino ha firmato il delitto, lasciando un'impronta digitale intrisa di sangue sul luogo del massacro. Un'impronta già negli archivi della Polizia di Stato. Gli investigatori sono arrivati così a Sandro Di Carlo, 26 anni, figlio di un imprenditore edile di Cassino.
Il giovane è stato fermato a Roccasecca, sull'autobus di linea con il quale stava rientrando da Roma. Gli investigatori lo monitoravano già da ore, seguendo passo dopo passo i suoi spostamenti. Una volta arrivato allo scalo ferroviario 4 pattuglie hanno circondato il bus e catturato il sospettato. Poi hanno raggiunto la casa dove abita nella località San Lorenzo alla periferia di Cassino, a poca distanza dalla caserma dell'80 Reggimento dell'Esercito. È una pertinenza della villa in cui abitano i genitori. Gli uomini del dottor Flavio Genovesi e della dottoressa Silvana Maffei sono arrivati a lui seguendo le tracce lasciate sul luogo del delitto. Molte tracce: soprattutto quelle nel bagno dove l'assassino si è lavato con cura il sangue che aveva addosso; poi ha cercato di pulire tutto ma ad un certo punto ha desistito, lasciando molti reperti che sono stati acquisiti dagli inquirenti e che sono stati inviati ai laboratori per le analisi del Dna. Ma anche tracce informatiche legate al traffico telefonico ed impronte digitali.
«C'è stato un importante lavoro di polizia scientifica» ha sottolineato il questore Domenico Condello questa mattina, nel corso di una conferenza stampa. Inutili invece le telecamere, come evidenziato dal capo della Squadra Mobile Flavio Genovesi. Nel tardo pomeriggio di domenica gli investigatori hanno fornito una serie di indizi chiari e concordanti al sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo: soprattutto quell'impronta digitale intrisa di sangue lasciata in camera da letto vicino al corpo della vittima. Un'impronta già censita per precedenti di violenza fisica. Il magistrato ha disposto il fermo del 26enne con l'accusa di omicidio volontario aggravato. Nel pomeriggio di domani intanto il medico legale Fabio De Giorgio, che sabato ha effettuato l'esame esterno della salma, effettuerà l'autopsia, con cui stabilire l'ora precisa del delitto: per il momento l'ora è fissata alla notte tra venerdì e sabato; le coltellate accertate sono quattro e quella mortale è stata alla gola, colpita in profondità. Il medico dovrà dire se il decesso sia avvenuto per dissanguamento come lascia presupporre quella ferita; se ci sia stato un tentativo di strangolamento, come lascia intuire il segno viola intorno al collo.
Resta un mistero il movente. S’indaga a trecentosessanta gradi e non si esclude nessuna pista. Neppure quella legata al mondo della prostituzione. Quello stesso appartamento dove sabato è stata trovava morta la giovane dominicana, era stato durante il lockdown oggetto di un esposto dei residenti della zona che avevano denunciato «strani via, vai». I riscontri alla segnalazione, però, non avevano portato ad alcuna conferma sul fatto che quell’abitazione fosse utilizzata da trans ed escort come avevano denunciato gli abitanti.
Questa mattina in questura a Frosinone sarà sentita la madre Lucia Martinez Santana, di 56 anni, residente a Sampierdarena, che ieri è partita da Genova per raggiungere la cittadina del Lazio. «Sono sconvolta, disperata, questa tragedia ci sconvolge tutti quanti. Voglio scoprire chi ha massacrato mia figlia», ha detto la donna agli amici.
Santana lavora a Genova come badante ed è molto conosciuta nella comunità dominicana della nostra città. Secondo i primi riscontri investigativi è stata lei l’ultima persona a sentire Yirelis e quindi la sua deposizione potrebbe portare ad elementi utili all’inchiesta.
La comunità sudamericana intanto si è già mobilitata. E in queste ore si è già formato un gruppo di connazionali che si sta occupando della vicenda e sta aiutando la famiglia e i tre figli della vittima. Così come lo stesso console di Genova si è già interessato dell’accaduto e la sta seguendo in prima persona. Yirelis soggiornava a Cassino da appena tre settimane. Prima era stata a Vercelli, in Piemonte. Secondo quanto ricostruito da qualche mese lavorava con un gruppo di connazionali ed era andata nel Lazio per qualche settimana per ragioni economiche.
Il suo corpo è stato trovato alle 13,30 di sabato da un vicino di casa che ha notato la porta aperta e sangue all’ingresso. La giovane era in cucina distesa sul letto, seminuda. L’assassino dopo averla uccisa molto probabilmente si è ripulito dal sangue. Il medico legale ha dovuto lavorare per ore per riuscire a determinare il numero delle ferite e l’arma utilizzata. L’ipotesi più probabile è che si tratti di un coltello da cucina di grosse dimensioni o di uno a serramanico. Nella stanza gli agenti della omicidi hanno anche sequestrato un telefono cellulare che apparteneva alla vittima. E in queste ore lo stanno analizzando. I poliziotti hanno anche passato al setaccio i cassonetti della zona, ma senza trovare traccia dell’arma del delitto.
Ieri si era diffusa la voce che la polizia indagasse sulla pista «siciliana». Questo sulla base di uno sfogo di un conoscente della vittima che, ai giornalisti sul posto, aveva dichiarato di aver consigliato qualche giorno prima a Yirelis di «lasciare perdere un gruppo di persone pericolose di origine siciliana». Ma la polizia ha smentito che s’indaghi in questo ambito.
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Pubblicato su Corriere delle Alpi