Lasciò morire la figlia, negata la perizia psichiatrica a Alessia Pifferi: “Può affrontare il processo”
Primi scambi fra accusa e difesa sul caso della bimba di 18 mesi morta per disidratazione dopo esser stata abbandonata una settimana a casa. La madre è accusata di omicidio volontario pluriaggravato
No a una perizia psichiatrica per valutare la capacità di «stare in giudizio». Si chiude così il primo atto del processo a carico di Alessia Pifferi, la donna in carcere dal 21 luglio scorso con l’accusa di accusata di omicidio volontario pluriaggravato nei confronti della figlia Diana, morta di «forte disidratazione» con «deragliamento delle funzioni cellulari» a 18 mesi di età il 20 luglio 2022 dopo essere stata abbandonata per una settimana nella casa di Ponte Lambro, vicino Linate, la scorsa estate.
Davanti ai giudici popolari della Corte d’Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ci sono stati i primi botta e risposta fra la difesa della donna, l'avvocato Alessia Pontenani, e i pubblici ministeri Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro.
Accusa e difesa
La legale ha parlato di un «possibile deficit cognitivo» riscontrato dalla psichiatra di San Vittore in una relazione agli atti del procedimento. Puntale la risposta dei pm, che l’hanno valutata una «persona sanissima», tanto da «scrivere ai giornali per discutere questa vicenda» e che sin dal primo interrogatorio in Questura la sera del 20 luglio si è mostrata «lucida», rifiutando «i farmaci» e che «ha descritto emozioni e tutto l'accaduto da quando ha scoperto della gravidanza fino alla morte della piccola Diana. Nessuna documentazione sanitaria da cui desumere che abbia mai avuto problematiche psichiatriche", hanno detto depositando le prove dell'accusa: verbali, lista testi - sulla cui ammissione si discuterà nell'udienza del 16 maggio -, il video dell'interrogatorio, poche ore dopo il rinvenimento del cadavere della bimba, e le chat anche dai contenuti «sessuali» intrattenute con vari uomini che l’avrebbero pagata in cambio di prestazioni e che mostrerebbero come la donna fosse solita lasciare per periodi di tempo, in genere più brevi, la figlia in casa per garantirsi «il proprio sostentamento».
Alessia Pifferi è «certamente pentita, sempre sotto psicofarmaci, in carcere sta subendo violenze verbali dopo quella fisica di settembre ed è stata abbandonata da tutti, dai servizi sociali ai familiari», ha poi ricordato l’avvocatessa dell’accusata. «Non può essere stato un raptus: una bambina che muore in una settimana non sono 5 minuti, non può essere uno schizzo» ha dichiarato la sorella Viviana ai giornalisti fuori dal tribunale.
«Mi ha scritto delle lettere dal carcere, ma non le ho mai risposto almeno fino a quando non chiederà scusa». Sorella e madre della 37enne, Maria Assandri, intanto si sono costituite parti civili assistite dall'avvocato di Milano Emanuele De Mitri. Rigettata invece la richiesta dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime.
Pubblicato su Corriere delle Alpi