Biassono, i ragazzi dei motoraduni: “Niente corse clandestine, vogliamo solo un posto dove coltivare la nostra passione”
Gli amici e i conoscenti si ritrovano nel punto di via Friuli dove è morto il 16enne monzese Christian Donzello: fiori e biglietti, ma anche dolore e tanta rabbia
Li chiamano «spari». Due colpi per far rombare il motore, un accenno d’impennata, poi si vola sull’asfalto. Pochi secondi ad alta velocità, per vantarsi della propria moto con gli amici. Quelli che da ieri si radunano arrabbiati e addolorati in via Friuli, a Biassono, attorno a un albero pieno di fiori e messaggi per Christian Donzello, travolto da una Volkswagen Polo proprio durante una di quelle corse.
Succede quasi ogni fine settimana. «Ma non sono gare clandestine» dicono a denti stretti alcuni amici. «Sui giornali dicono solo cazzate. Ci ritroviamo nel weekend perché ci piacciono le moto e i motori». In mezzo ai capannoni industriali, il sabato e la domenica, sgasano dai cinquanta ai cento ragazzi tra i 15 e i 20 anni. «Ci mettiamo d’accordo tramite passaparola» spiega Giacomo, 19 anni di Paderno Dugnano. «Abbiamo dei gruppi social, ma qui nella zona ci conosciamo tutti, siamo un bel gruppo affiatato».
Vengono dalla provincia di Monza Brianza, Milano, Varese. A turno si avvicinano all’albero avvolto da mazzi di fiori, legati tra loro con dei nastrini azzurri, come il colore del motard su cui sfrecciava Christian. Restano in silenzio, nel punto esatto in cui è avvenuto l’impatto tra i due veicoli. Uno degli amici più intimi si inginocchia e scoppia a piangere, poi si allontana per riprendere fiato. «Era come un fratellino» dice scuotendo la testa.
C’è chi lascia dei souvenir a terra oppure appesi alla corteccia: una bandana, un santino, un pendente, un crocifisso realizzato con la catena di una moto, il modellino di una 500 cavalli blu del MotoGP. Poi ci sono i biglietti scritti a mano. «Dai gas lassù per noi», «Ciao Christian», «Guardaci da lassù Bottarello». Qualcuno spiega che quello era il suo soprannome. «Forse c’entra con il rombo del motore» dice un 17enne di Varese. «Ma non saprei dire con certezza. Vorrei tanto chiederlo a lui».
Tra gli abbracci e le lacrime prende vita un pellegrinaggio che dura per tutto il giorno. Genitori e conoscenti dei «ragazzi dei raduni», come dice qualche biassonese. Uno di loro arriva a bordo di un Doblò bianco, si rivolge ai ragazzi e appende con chiodo e martello un messaggio. Gli augura di stare bene lassù, dove potrà coltivare anche la passione della motocicletta. «Non è stata colpa tua, hai solo 16 anni». Firmato «un papà».
L’uomo, 57 anni, critica però quei raduni «che vanno avanti ormai da sette anni» e dice che quella tragedia poteva essere evitata. «Tutti sapevano, dal sindaco alle istituzioni e alle forze dell’ordine. Ma invece di intervenire hanno sempre lasciato fare. Deve capitare il morto per fare qualcosa. Basta mettere un dosso e tutti questi ragazzi si allontanano». La replica arriva in diretta: «Se succede ci spostiamo da un’altra parte».
Il problema, dicono gli amici di Christian, non si risolve così. «Chiediamo da tempo uno spazio dove poter coltivare la nostra passione per le moto» spiegano per tutti Federico e Daniele, di 17 e 18 anni. «Basterebbe un semplice quadrato di terra dove poter correre in sicurezza, senza macchine che ti investono e poi scappano. Ma finora ce lo hanno sempre negato».
In paese c’è intanto chi al posto di questi «spari», di quei raduni per appassionati motard, enduro o motocross, vorrebbe realizzare un’area di aggregazione dedicata ai giovani. «Per non lasciarli soli tra le fragilità e le incertezze del mondo che li circonda» spiega Antonello, imprenditore di Biassono di 58 anni. «Sarebbe bello poter creare uno “Spazio Christian”, dove i ragazzi possano trovarsi e stare insieme. Senza rischiare la vita per qualche sgommata».
Pubblicato su Corriere delle Alpi